Osteopathic Case Report: l’alternativa all’algoritmo

Primo piano di un blocco aprto. Il punto è l'editoriale di Fabiola Marelli, Osteopata e Amministratore di CRESOLa concettualizzazione del caso clinico permette di rilevare la causa della disfunzione osteopatica attraverso una raccolta integrata di valutazioni cliniche e, nel contempo, consente l’organizzazione dei fatti mediante l’integrazione di tutte le informazioni ottenute.
E’ il lavoro di concettualizzazione il fondamento che ci porta ad identificare il nucleo della situazione disfunzionale su cui si dovrà intervenire.

La concettualizzazione del caso clinico è il link tra i dati analitici e la definizione dei programmi personalizzati di trattamento osteopatico.

Gli interlocutori di questa concettualizzazione sono l’osteopata, che può trarre dalla sua stesura una guida per la prassi e le decisioni da prendere, e il paziente, visto nell’ottica di colui che dalla lettura del suo caso riesce a focalizzare le proprie risorse sui punti che l’osteopata ritiene essere fondamentali.
La condivisione permette al paziente di organizzare il pensiero sui propri problemi identificando il punto focale su cui far convergere le proprie strategie di cambiamento.

Concettualizzare un caso clinico aiuta l’osteopata e il paziente nell’identificazione di un obiettivo, nella scelta di un focus terapeutico e nella realizzazione dell’intervento.

Il lavoro clinico consiste nel separare ciò che è rilevante da ciò che non lo è, distinguere le cause dagli effetti, individuare tra le informazioni quelle attinenze che il paziente non aveva considerato,trovare il fulcro dentro la complessità cognitiva , e individuare la priorità (primarietà disfunzionale).
L’individuazione della fonte all’origine del disturbo lamentato dal paziente avrà lo status di un’ipotesi empirica la cui adeguatezza sarà determinata dal grado di adattabilità a tutti i fattori del caso e dall’efficacia terapeutica.
Ho letto talvolta di casi costruiti intorno ad un fulcro con una modalità sostanzialmente verosimile ma non sufficientemente utile dal punto di vista terapeutico in quanto, nella formulazione, si ritrovavano fatti riconducibili ad esperienze del passato, a tratti generali della personalità, a malattie non trattabili dal punto di vista osteopatico.
E’ importante ricordare che le descrizioni, seppur importanti, potrebbero non essere determinanti per la persistenza dello stato disfunzionale del paziente e che, soprattutto,non sono direttamente riconducibili all’intervento terapeutico.

Il caso è lo strumento per l’analisi dei problemi dell’individuo e la previsione/quantificazione degli effetti dei possibili trattamenti. Non ha la funzione di esplicazione di una storia o di una teoria, né di una tecnica di trattamento. E’ incentrato sul allora della storia personale del paziente, sull’ambiente da cui proviene, sui rapporti che ha avuto nella vita. In esso non sono contenuti riferimenti al rapporto clinico entro cui i dati sono raccolti, né contiene informazioni hic et nuncdella relazione tra osteopata e paziente, se non nella misura in cui ciò che accade nel rapporto terapeutico inizia a far parte della storia del paziente stesso.

La formulazione del caso clinico è il ponte tra pratica, teoria e ricerca.

Rappresenta una pietra miliare nella pratica della terapia osteopatica contribuendo all’efficacia del trattamento con una quantità di informazioni minima ma essenziale e utilizzando strumenti di misurazione oggettivi (evidence-based) per identificare quei fattori che determinano il problema.

Con la stesura del caso clinico, funzionale alla pianificazione e definizione del trattamento, si assiste all’attivazione di un processo condiviso tra osteopata e paziente in cui quest’ultimo non percepisce più i propri problemi come incomprensibili o incontrollabili ma come la risultanza di ciò che ha fatto o pensato e che quindi può smettere di fare o pensare, innescando -senza ancora esserne cosciente- il processo di autoguarigione.

Un case report clinico non può andare oltre l’indagine, la descrizione, la spiegazione, l’interrogazione anamnestica. E’ forse questa la ragione per cui viene considerato l’anello più debole della catena delle evidenze mediche delle cause nonostante sia la prima evidenza di ciò che è accaduto.

Quando il report è basato su un approccio disorganizzato e privo di obiettivi, con osservazioni, descrizioni, analisi ed interpretazioni povere ed incomplete, risulta di scarso valore.

La vera difficoltà consiste nel saper redigere un report che abbia una presentazione tale che contenga un’evidenza più forte basata sul case report.

Il sistema cognitivo umano è un sistema a risorse limitate che, non potendo risolvere problemi tramite processi algoritmici, fa uso di euristiche come efficienti strategie per semplificare decisioni e problemi.

Nella maggior parte delle circostanze quotidiane le euristiche funzionano correttamente mentre in alcuni casi possono portare a errori sistematici.

Mi piace pensare che all’origine di questo errore sistematico ci sìa l’instaurarsi di quella che reputo essere una disfunzione mentale, l’eurisma, ovvero quello schema che fa ancorare la mente di alcuni di noi a ciò che appare più visibile, impedendoci di leggere in profondità e di attivare la parte creativa e intuitiva della nostra mente.

 

Fabìola Marelli
Osteopata

 

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