Immagina l’elica per comprendere la Tensegrità

Se una figura è stata prescelta da Dio come fondamento dinamico della sua immanenza nelle forme, ebbene questa figura è l’elica“. (Goethe)

Senza la forza di gravità, sia dal punto vista funzionale che strutturale, l’uomo non potrebbe esistere.
La gravità, durante il lungo percorso morfogenetico, modella forme elicoidali che nel breve tempo del moto assumono il significato di vincolo, determinando traiettorie elicoidali.

L’evoluzione ha scelto le configurazioni elicoidali proprio perché esse si evolvono nel moto pur conservando la stabilità dinamica (momento angolare), l’energia (potenziale più cinetica) el’informazione (topologia).

La stabilità in senso globale, intesa come resistenza alle perturbazioni, rappresenta il traguardo che la natura persegue comunque e dovunque.

Le eliche sono curve che si accrescono senza cambiare forma.
Le loro prerogative di ripetitività e stabilità ne fanno le espressioni per eccellenza della geometria che sottende i moti naturali.
L’elicoide è una superficie minima.
La molecola di DNA che contiene il codice genetico, è modellata in forma di doppia elica.

Le traiettorie elicoidali introdotte nei movimenti morfogenetici del campo gravitazionale, col contributo dei vincoli intratissutali convergono nella genesi di femore, tibia, astragalo, …che hanno una forma elicoidale.

Le forme in natura altro non sono che moti vorticosi plastificati.

Accanto alle traiettorie elicoidali del moto troviamo la simmetria nell’elicità delle forme che favorisce la stabilità strutturale. (Paparella-Treccia,1988)

Tensegrità è una parola con forti significati energetici.

Peculiarità della tensegrità umana è quella di funzionare come sistema di “eliche a passo variabile” o vortici (spirali). E’ soprattutto sul piano trasverso che si sviluppa l’antigravitarietà della cibernetica umana grazie ad un sofisticato sistema di equilibrio neuro-biomeccanico.
La spirale umana si trasferisce dal piano trasverso al piano frontale grazie al mortaio astragalo-calcaneare in presenza di un congruo coefficiente di attrito senza del quale l’avvolgimento podalico risulterebbe difficoltoso.

Il piede, organo sensoriale-motorio che fa da ponte tra il sistema e l’ambiente, è costituito da un’elica a passo variabile (formata da 26 ossa, 33 articolazioni e 20 muscoli) che influenza tutto il corpo.
Terreni o scarpe dalla suola troppo soffice risultano inappropriati in quanto disperdono eccessivamente l’impulso compressivo derivante dall’impatto calcaneare durante il passo, il quale è invece indispensabile per l’esecuzione e la trasmissione delle forze torsionali a livello rachideo e quindi del bacino. (Snel et al,1983)
Il piede pertanto non è esclusivamente un sistema ad archi o volte ma anche un sofisticatissimo sistema senso-motorio-elicoidale. (Paparella-Treccia,1978)

Gracovetsky nel 1988 ha dimostrato che la colonna vertebrale rappresenta il motore primario del moto:the spine engine.
Un uomo a cui sono stati amputati completamente gli arti inferiori o è addirittura nato senza arti superiori né inferiori è in grado di camminare sulle tuberosità ischiatiche senza significative alterazioni della deambulazione, ossia senza interferenze sul movimento primario del bacino.

Il ruolo degli arti inferiori è quindi secondario rispetto a quello della colonna vertebrale in quanto da soli non sono in grado di ruotare la pelvi in maniera da consentire il moto benché possano amplificarne il movimento.
Gli arti inferiori derivano dalla necessità evolutiva di sviluppare la velocità del moto nell’uomo.
La maggior potenza richiesta non può derivare dai muscoli del tronco, in quanto avrebbero dovuto sviluppare una massa improponibile, ma da ulteriori muscoli posizionati (per motivi funzionali e di spazio) fuori dal tronco ovvero sugli arti.

E’ l’arco neurale che ha la struttura progettata per sopportare il peso e le forze compressive.

Il nostro corpo è quindi costituito da strutture che sono subordinate alla teoria della tensegrità e cioè da un insieme strutturale in costante stato di pre-stress, ovvero  pronto, preparato, in allerta perfino in assenza di forze esterne, al fine di essere in grado in ogni momento di rispondere efficacemente a sollecitazioni dinamiche di qualunque orientamento, indipendentemente dall’azione delle forze gravitazionali.

Un incremento di tensione in un punto si equilibra istantaneamente con un incremento di compressione e trazione in punti geométricamente distanti al punto di applicazione.
Questo comportamento, dovuto all’interazione tra elementi rigidi che reagiscono alla compressione ed elementi flessibili che reagiscono alla trazione, si definisce come auto stabilizzante.


Fabiola Marelli
Osteopata D.O. mROI


 

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