DMdM: quattro consonanti per una disfunzione maldestra
E’ a dieci anni che realizzo in modo cosciente che le mie mani non sono abili se chiedo loro di svolgere determinati compiti che mi vengono richiesti.
Sì, certo, anche negli anni precedenti avevo notato che nell’aiutare la mamma in cucina o a rifare il letto ero nettamente surclassata da mia sorella di tre anni più piccola, sia nel tempo che nella precisione esecutiva, ma tutti affettuosamente mi avevano soprannominato “la principessa” e quindi io stessa mi ero auto-relegata in quel castello in cui il fare o il non fare avevano la stessa importanza.
E’ quindi in prima media, in quelle due ore settimanali di Applicazioni Tecniche, che ho la prova ineluttabile di avere mani che non collaborano.
Quelle due ore diventano il mio incubo: faccio fatica a cucire, ricamare, lavorare ad uncinetto e utilizzare i ferri per fare la maglia.
Il sei della promozione lo ottengo esclusivamente per sfinimento della docente che si arrende di fronte ad una preadolescente educata ma maldestra.
Il mio ringraziamento consiste nell’optare per il Latino nei due anni seguenti rendendo la prof. una persona felice.
Passano quindici anni prima che il “problema” riemerga in modo impietosamente evidente durante la costruzione di quella che diverrà la mia casa in cui il mio contributo come aiutante/manovale –pressochè nullo– mi fa ben presto guadagnare sul campo il poco onorevole appellativo di “fistùn de verza” (definizione dialettale lombarda che vuol dire “buona a nulla”).
Gli utensili mi scivolano di mano o non riesco ad afferrarli con precisione; sbaglio l’impugnatura, uso male la forza, procedo a velocità inadeguata.
Si assiste ad un vero e proprio spreco di energie che si riscontra nell’eccessivo irrigidimento di alcune parti del corpo non impegnate nel movimento.
Questa difficoltà di settorializzazione del movimento (dissociazione) è spesso compensata dall’uso eccessivo della forza muscolare: sostituire la forza alla precisione è infatti una strategia compensatoria comune alle persone definite “maldestre” anche se quasi sempre inadeguata.
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Più le attività sono automatiche e monotone, più aumenta la mia incoordinazione motoria.
Devo sempre pensare a come fare ma anche a perché lo devo proprio fare… dato che non ho mai avuto (in passato e ancora oggi) interesse per quel tipo di attività come il bricolage.
L’equilibrio e la coordinazione di ogni movimento, dai più globali ai più fini, e il loro aggiustamento alle caratteristiche dell’oggetto e alla sua esatta localizzazione, sono le risultanti di un’attività tonico-muscolare che varia continuamente a seconda del cambiamento dei rapporti tra le forze corporee e quelle del mondo esterno.
Per poter controllare i movimenti, i sistemi motori devono selezionare una opzione tra le molte possibilità esistenti per uno stesso movimento, ossia per i suoi diversi gradi di libertà.
Ad esempio, nell’azione di afferrare un oggetto posto sul piano di un tavolo possiamo mobilizzare in maniera differente le varie articolazioni di spalla, gomito, polso.
Il sistema motorio agisce riducendo il numero delle scelte attraverso un “compattamento” dei gradi di libertà, appartenenti ai gruppi muscolari coinvolti nello stesso movimento.
I gradi di libertà da controllare sono quelli del movimento nel suo complesso e non quelli di ogni muscolo che agisce su ciascuna articolazione.
Questa capacità di compattamento, altamente selettiva, permette un aggiustamento dell’atto motorio alle caratteristiche talvolta molto sfumate del contesto ambientale in cui si compie, come ad esempio alla distanza tra sé e l’oggetto da afferrare, alle sue caratteristiche strutturali, alla velocità con la quale è necessario compiere i gesti.
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Rabbia. Impotenza. Sofferenza.
Ho avuto e ho tuttora difficoltà reali, obiettive, quando mi confronto con la vita pratica.
Difficoltà che non vanno sottovalutate così come non va sottovalutato il sentimento di inferiorità e di frustrazione che mi assale nel momento in cui non mi sento compresa o, peggio, derisa … e che potrebbero trasformare una persona educata e gentile in una devastante bomba inesplosa.
L’ineleganza nei movimenti è generalmente indotta da alcuni stati emotivi e/o da circostanze come la fretta, la rabbia, l’ansia, la timidezza, la paura … ai quali si reagisce perdendo l’equilibrio, tremando, muovendosi a scatti o pesantemente “come un elefante in un negozio di porcellane”.
Che tipo di disfunzione è mai questa? … DMdM
E’ un Disturbo Minore di Movimento.
Minore non significa necessariamente semplice da risolvere.
Minore non significa necessariamente non importante per la persona.
In mancanza di occasioni esterne alcuni disturbi di movimento possono essere sconosciuti anche allo stesso individuo (ma ciò non vuol dire che non li abbia!), così come in determinate condizioni ottimali il soggetto può non presentare alcune sue difficoltà che tuttavia potrebbero manifestarsi in altri contesti.
E’ più difficile raggiungere un funzionamento normale partendo da una condizione di disturbo lievepiuttosto che da vistose alterazioni della coordinazione motoria genericamente diagnosticate come ritardi psicomotori in cui ogni passo verso l’auspicata normalità è un buon passo … dato chel’obiettivo finale non esiste.
Non esiste un unico fattore destrezza.
Le capacità motorie/corporee sono composte da molte complesse sotto-abilità che possono essere più o meno sviluppate a seconda degli individui e dalla capacità che essi hanno nell’utilizzare il proprio corpo in modo differenziato e abile con finalità sia di tipo espressivo che concreto.
L’intelligenza corporeo-cinestetica (cfr. Gardner) è deputata sia al controllo dei movimenti corporei globali (senso dell’equilibrio, agilità, coordinazione motoria) che alla manipolazione degli oggetti (abilità manuale, motricità fine, prassie).
Nonostante ai giorni nostri sìa ormai nota la fisiologia del movimento e i vari circuiti neuronali che trasmettono l’impulso fino ai motoneuroni che sono collegati ai muscoli scheletrici, rimane ancora enigmatico come un atto volontario che preceda l’utilizzo di un oggetto possa trasformarsi in un impulso capace di attivare le cellule nervose del nostro cervello.
Tentativi per risolvere questo enigma sono stati fatti dalla psico-fisiologia che ha studiato l’attività cerebrale che precede l’atto motorio (cfr. Nicoletti, 1992).
Questa attività, definita potenziale di preparazione, si esprime con un’onda cerebrale lenta che si può registrare su tutta la superficie del cervello e che può essere considerata come il correlato neuronale della volontà a compiere un determinato movimento.
Se una persona risulta goffa, impacciata, incoordinata, con poco senso pratico, maldestra, non significa che sìa priva di intelligenza corporeo-cinestetica benché risulti evidente una disarmonia tra le sue varie componenti e sotto-componenti.
La perfezione di un automatismo non deriva dal fatto di aver fissato definitivamente un concatenamento di azioni muscolari ma è garantita dalla libertà crescente nella scelta delle azionimuscolari da concatenare.
Organizzare gesti e movimenti è indispensabile quando si utilizzano oggetti.
Il movimento si compie a livello del corpo e si svolge nello spazio e nel tempo.
La libertà nella scelta delle azioni da compiere nasce nel momento in cui si comprende la motivazione (impulsi primari e pulsione epistemofilica), ovvero il motivo per cui lo svolgimento di una determinata azione richiesta possa produrre un effettivo vantaggio per se stessi.
Classificare bambini o adulti come maldestri è sicuramente più semplice che aiutarli a cercare una motivazione che li porti ad eseguire bene il compito manuale assegnato.
L’acquisizione di un automatismo consiste nel rendere disponibili le azioni muscolari che bisognerebbe utilizzare liberandole da ogni ostacolo.
Ci sono situazioni in cui la manifestazione della maldestrezza non dipende da un cattivo o scarso funzionamento del sistema nervoso (o di una sua parte) ma dall’ interferenza di influenze estranee al movimento, ovvero quelle “reazioni riflesse” che si attivano nel momento in cui avvertiamo che qualcuno ci sta osservando e che si manifestano nell’apparato muscolare e nella conseguente rigidità del sistema degli atteggiamenti posturali.
Tutti abbiamo aree di creatività.
Capacità grafiche, pittoriche, senso musicale, espressione corporea, recitazione.
E’ fondamentale accostarsi alla persona maldestra (bambino, adulto, anziano) con un atteggiamento propositivo, partendo da quella che è la sua area creativa preferita per introdurre attraverso il gioco e la musica alcune situazioni concrete che possano svegliare e orientare l’attenzione del soggetto sugli aspetti organizzativi del movimento per aiutarlo a migliorare il cosiddetto “senso pratico”.
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Ovviamente ancora oggi non posso essere considerata un mago del faidate anche se non indietreggio più come un tempo se mi chiedono di appendere un quadro o stirare una camicia.
Sapere di essere considerata in certe occasioni un “fistùn de verza” non provoca più in me rabbia, vergogna o rassegnazione perché conosco il modo per migliorare questo disturbo che mi rende allo stesso tempo maldestra ma abile come pianista nel passato, come osteopata nel presente.
Osteopata