Scuola di Osteopatia: gioco di ruolo

Camminando in riva al mare, con un ghiacciolo arancio in mano, raccontavo di quanto mi sentissi strana a fare da chioccia ad allievi e docenti del mio gruppo. Di quanto trovassi buffo che io, eterna giullare incosciente, fossi davvero il punto di riferimento per qualcuno.
E chiesi al mio amico come, secondo lui, mi giudicavano ragazzi e insegnanti. Con quali occhi mi vedevano.
Se mi prendevano realmente sul serio o se accondiscendevano semplicemente per quieto vivere.

Allora il mio amico iniziò a fare il gioco dei paragoni impossibili.
Una squadra di calcio: fu questo l’ambito che scelse per esplicitare il suo pensiero.

E cominciò l’analisi piu’ profonda e divertente che mai prima di allora avevo sentito.
Non partì da me, dal mio ruolo di giocatore in campo, partì dagli altri miei compagni di squadra, da quelli che in questi anni sapeva che avevano giocato ogni partita con me.

E come portiere scelse AnnaRita: equilibrata anche prima di parare un calcio di rigore.Sempre pronta a incoraggiare i compagni e a difendere la rete, custodendo il bottino.

E difensori nominò Laura, Giorgia, Stefano e Mauro: una delle barriere più inattaccabili se accostati tra loro e alfieri indomiti se in azione singolarmente.

E come centravanti scelse Massimo: generoso, salta l’uomo in maniera elegante, senza polemiche. Facendo capire a chi gli sta davanti che è inutile continuare perché semplicemente non c’è storia. Lui ama scendere in profondità e poi decidere.

E scelse anche GianLuca per il medesimo ruolo: fuori dagli schemi, non si lascia trascinare. Non perde la testa e cerca sempre il passaggio giusto: che sia un tocco facile o un lancio da trenta metri senza disdegnare, di tanto in tanto, il tiro in porta.
Magari su punizione.

E poi c’è Erio. Gioca da ala: sfuggente, generoso, pungente, solitario o anima del gruppo, a seconda di come gli gira. Quasi sempre opta per la finta e il cross secco, teso.
Guarda chi c’è in area e gli offre un assist. Senza chiedere niente in cambio. E’ fatto così.
Ma a volte decide di invertire la rotta: cambia passo e si accentra… E’ allora che dal piede partono quei tiri a giro, beffardi, che fanno ballare la rete dietro l’incrocio dei pali.

E infine arrivò a me. Al mio ruolo in campo.
Ho una buona tecnica ma sono lenta.
E innamorata della palla

I miei compagni mi vogliono bene, ma è difficile trovare un equilibrio con me in campo.

Ma qual è il mio vero compito? Forse non lo so neppure io.
Non mi faccio troppe domande: sto in panca, e se la partita si mette bene resterò lì, ai margini.
E continuerò ad incitare i miei compagni.
Perché sono la mia squadra. Perché si vince e si perde insieme.
Anche se io sono fuori.
E se le cose dovessero andare male, ci saranno altri che entreranno al mio posto.

Il fantasista scende in campo quando non c’è più speranza, quando “tanto ormai l’abbiamo persa”.
E in quel momento possono accadere due cose: o si cerca di strafare, in quei 5 minuti concessi, passando inosservati, oppure può succedere che dopo 5-6 azioni inutili il numero 10 alzi la testa e, visto il portiere leggermente fuori dai pali, si inventi un gol da 50 metri che faccia venire giù lo stadio.
Ed è allora che il fantasista si rende conto di quale sia la sua vera gioia.
Non quella, effimera, del gol ma quella dell’abbraccio di tutti i suoi compagni, anche di quelli partiti a razzo dalla panchina.

Forse smetterò presto di giocare in questa folle e meravigliosa squadra.
Ormai le gambe danno problemi.Ho una certa età e devo guardare avanti.
Ma quando finirò, sicuramente, non vestirò nessun’altra maglia.
La mia squadra è questa. E anche dopo non la abbandonerò.
Continuerò a guardarla andare avanti, sostenendola, cercando di aiutarla comunque a vincere.
Magari cambiando ruolo e diventando solo…
…un Mister.

Fabiola Marelli
Osteopata


Ringrazio Samuele Saudelli per avermi definito il fantasista della Scuola di Osteopatia CRESO.
Ringrazio i miei compagni di squadra: AnnaRita Anselmi, Laura dell’Orto, Giorgia Consavella, Mauro Cianciosi, Stefano Salvo, Massimo Tranchina, GianLuca Begni.
Ringrazio Erio Mossi, the Special ONE.

E ringrazio il mio amico, il fanciullino che è in me.

 

Condividi sui social