L’intuizione dell’osteopata

Nel 2009 il Journal of the American Medical Association pubblicava una ricerca condotta su 89 volontari che illustrava un fenomeno affascinante: un farmaco placebo è più efficace se il suo valore commerciale è elevato.

Era stato somministrato ai volontari un potente antidolorifico -che in realtà non conteneva alcun farmaco- prima di sottoporli ad un trattamento doloroso.

Ad alcuni il farmaco era stato descritto come molto costoso, ad altri come economico.

 

 

I pazienti che avevano ricevuto il farmaco costoso avevano provato meno dolore durante la somministrazione della terapia rispetto a quelli che avevano ricevuto il farmaco economico, aggiungendo un altro tassello all’effetto placebo con la dimostrazione che un preparato privo di principi attivi ha efficacia clinica nei pazienti al punto da provocare miglioramenti anche quando non c’è fiducia nella terapia (cfr. D. Ariely).



La convinzione è una potente medicina anche quando la terapia è finta.

Un placebo con proprietà analgesiche attese allevia il dolore grazie all’azione sul sistema degli oppiodi endogeni cerebrali.

L’aspettativa fornisce un contributo importante anche se i suoi influssi si estendono soprattutto ai sintomi che gli esseri umani percepiscono, come per esempio il dolore.
L’aspettativa influenza il dolore più di quanto faccia il condizionamento che, tuttavia, può manipolare i processi fisiologici involontari più delle convinzioni coscienti.

L’effetto placebo non ha sempre origine da una fiducia cosciente nel farmaco; può nascere da associazioni del subconscio tra la guarigione e l’esperienza della terapia, così come con l’effetto nocebo un atteggiamento o un’aspettativa negativi creano un danno o un altro effetto indesiderato.

L’aspettativa placebo-indotta e il condizionamento placebo-indotto funzionano anche attraverso meccanismi biologici separati (cfr. F. Benedetti, neuro scienziato Università di Torino, 2007).

La personalità ha un effetto modesto sul condizionamento subconscio: nel caso delle risposte subliminali, la presentazione conta più della personalità.

Questo condizionamento subliminale controlla i processi corporei come le risposte immunitarie e il rilascio degli ormoni.

Così come tutte le industrie farmaceutiche sanno che dare a un farmaco il nome di un marchio popolare -e prescriverne dosi massicce- può aumentare l’efficacia del placebo, altrettanto parecchi medici sanno che stanno prescrivendo pillole e procedure placebo come mezzo per incrementare l’efficacia di una terapia e dei trattamenti chirurgici.


Benché i ricercatori in campo medico considerino il placebo una seccatura, è invece una delle chiavi per aiutarci a comprendere in che modo il cervello controlla i processi corporei implicati nella guarigione.

I placebo possono attivare gli oppiodi analgesici naturali dell’organismo, gli oppiodi endogeni.
Oltre all’attività degli oppioidi cerebrali, l’analgesia da placebo è accompagnata da una calma delle regioni cerebrali responsabili dell’elaborazione delle sensazioni dolorose (cfr. D.Price, neuro scienziato Università della Florida, 2007).
L’effetto dell’aspettativa opera attraverso questi oppioidi.

Le risposte subconsce al placebo possono anche smorzare le risposte immunitarie iperreattive che causano le allergie (cfr. Marion U. Goebel -Università di Dusburg Essen, 2008).

Nonostante il potere della suggestione, non sono ancora stati identificati i tratti della personalità che aumentano la suscettibilità al placebo. Al contrario, la suggestione è relativamente impotente quando si tratta di risposte corporee involontarie.

Gran parte della vita mentale si svolge al di fuori della coscienza: non sono percezioniextrasensoriali, paranormali, magiche.
Sono intuizioni, frutto di conoscenze accumulate a nostra insaputa, di percezioni inconsce e di interazioni inconsapevoli fra il cervello e il mondo.

L’intuizione dell’osteopata potrebbe essere quella di decidere in quel particolare momento di dedicare più tempo al paziente privilegiando la fase anamnestica perché reputa che così facendo possa incrementare l’effetto placebo e quindi costruire nel subconscio la fiducia nella terapia.
L’intuizione dell’osteopata potrebbe essere quella di decidere di dare la priorità di intervento alla manipolazione del corpo e quindi della mente cosciente e subcosciente attraverso la metodica fasciale, che è quella più simile alla carezza.

La carezza è un gesto apprezzato la cui esecuzione corretta richiede una precisa velocità.

Per dare sensazioni piacevoli, la carezza ideale dovrebbe essere eseguita dalla mano ad una velocità di pochi centimetri al secondo.
Per passare velocemente da una risposta all’altra differenti popolazioni di neuroni, attraverso l’apprendimento, creano connessioni coi circuiti motori favorendo le connessioni legate al comportamento più appropriato (cfr. T. Uka – Juntendo University School of Medicine, Tokio 2009).

Sono stati identificati i nervi C-tattili che, nascosti sotto la pelle, si attivano quando questa viene sfiorata inviando segnali di piacere al cervello.
Se sollecitati troppo velocemente o troppo lentamente questi nervi non risultano stimolati: la velocità ottimale è stata quantificata in 4-5 centimetri al secondo. Queste fibre nervose non sono presenti su tutto il corpo ma solo sulle parti adatte a ricevere carezze, come le zone della pelle su cui sono presenti i peli, e sono assenti sui palmi delle mani (cfr. F. McGlone, neuro scienziato – Università di Goteborg e Università North Carolina, 2009).

Se il medico utilizza pillole e procedure placebo come mezzo per incrementare l’efficacia di terapie e trattamenti chirurgici, l’osteopata può utilizzare il dialogo e la carezza con le stesse finalità, senza per questo venir considerato alla stregua di un ciarlatano.

 

D’altronde, in entrambi i casi, non ci si può certo appellare ai canoni dell’accreditata Evidence Based Medecine!

L’intuizione è rapida, automatica, associativa, implicita, e spesso influenzata dalle distorsioni emotive: è una scorciatoia mentale, che economizza le altre risorse e si basa sul sapere più accessibile.

L’intuizione può andar bene solo nell’emergenza perché è soggetta ad errori di valutazione in quanto non conosce incertezza, dubbio, condizioni metodologiche.
L’intuizione dovrebbe essere coltivata, dovrebbe scaturire dall’esercizio costante e trarre vantaggio dall’esperienza.

Gli esperti sanno in modo intuitivo che cosa fare, mentre i pivelli, che seguono il manuale delle istruzioni alla lettera, hanno maggiori probabilità di sbagliare.

E’ quindi fondamentale che l’osteopata non si improvvisi intuitivo e non giochi con la mente del paziente o con il suo immaginario ma che coltivi con serietà e perseveranza la sua intuizione.

Solo allora potrà iniziare il suo percorso terapeutico col paziente dicendogli “e adesso, immagina di … guarire”.

Fabiola Marelli
Osteopata

 

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